Cut-E Animals di Antonio Strafella

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Una serie di teste di animali, tagliate e ritagliate carinamente su uno sfondo nero.
Ritratti o provocazioni visive? Il lavoro Cut-E Animals di Antonio Strafella, classe 1982, è un esperimento fotografico che si interroga sul rapporto tra presentazione e lettura delle immagini, scaturito dall’osservazione casuale di alcune reazioni umane in macelleria.
Uno studio, condotto attraverso scatti fotografici crudi, delle ipocrisie e dei paradossi visuali e comportamentali.

01 Cavallo 02 cavallo

«Questo progetto fotografico comincia a prendere forma nella mia mente fin dal 2003. Mi ha sempre incuriosito la diversa reazione della gente alla vista dei pezzi di carne nel bancone della macelleria, luogo dove notoriamente ci si reca per comprare la carne che si dovrà poi cuocere a casa. Trovavo paradossale, o quantomeno strano, notare come alcune persone fossero infastidite se nel banco frigo veniva servita una testa di maialino, oppure come guardassero di cattivo occhio un pollo che conservava ancora la testa. Se “in mostra” c’era anche la testa dell’animale macellato, insomma, pareva cambiasse anche l’approccio rispetto all’oggetto (parte del corpo dell’animale – intero animale) e, forse, la stessa percezione dell’acquisto (azione che si stava intraprendendo su tale oggetto). Il mio è solo un esperimento che vuole interrogarsi sul rapporto tra presentazione e lettura di un’immagine scaturito da un’osservazione casuale; non vuole essere uno studio improntato al vegetarianismo contro chi mangia carne. Ho deciso quindi di procedere nella mia ricerca raccogliendo un buon numero di scatti, realizzati dopo aver acquistato da macellai di fiducia le teste degli animali, averle immobilizzate con degli spilli e congelate, e dopo aver infine estratto tutti gli spilli.» (Antonio Strafella)

 

04 anatra 03 toro

«In una prima fase mi sono dedicato a fotografie più crude, in cui le teste apparivano come chiaramente mozzate in quanto conservavano anche resti di sangue e pelle tagliata; inoltre, dopo aver diviso la testa a metà, procedevo a fotografarne anche la parte interna (vedi cavallo). Con il tempo, invece, ho ammorbidito il linguaggio visivo, mostrando – sempre su sfondo completamente nero – solo la parte esterna e fotografando la testa dell’animale dopo aver accuratamente eliminato ogni traccia di lesioni o traumi subiti (vedi coniglio o gallo). Ho chiesto ad un buon numero di persone (un target abbastanza ampio e di diverse età e background sociali e professionali) di osservare le foto. Facendo una sintesi delle impressioni raccolte, posso dire che nella maggior parte dei casi la reazione alla vista delle teste più esplicitamente mozzate è stata di fastidio, mentre le foto relative alla seconda fase del progetto risultavano più gradevoli e apprezzate come fossero veri e propri ritratti di animali ancora vivi.

Ne deriva come la scelta di diversi linguaggi e codici visivi (così come la scelta di eliminare oppure inserire/focalizzare una parte fondamentale di un oggetto, come può essere appunto una testa) possa contribuire a determinare e trasformare sia la percezione che chi guarda ha – o non ha – dell’oggetto in sé, sia la percezione del rapporto tra chi guarda e l’oggetto.» (Antonio Strafella)

 

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