Steve Jobs 1955-2011

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Oggi, se me lo permettete, vorrei parlare della storia di un uomo che, in qualche modo, non ha paragoni. La storia di un innovatore, di un abile pubblicitario, di un sognatore e – perchè no – di una persona furba con una grande mente. Steve Jobs è morto, a soli 56 anni, e con lui si chiude un ciclo importante non solo per il mondo informatico, ma per la società intera. Se ne va così, in un silenzio atipico rispetto al clamore che sapeva suscitare ogni volta che saliva sul palco di Cupertino, e con la maestria di un prestigiatore scopriva le sue carte e i suoi trucchi, in uno spettacolo di novità che non poteva lasciare indifferenti.
Nato da un padre di origine siriana che lo aveva abbandonato molto piccolo (e chissà quanto si sarà pentito di aver disconosciuto un genio), Jobs crebbe nella Silicon Valley californiana, patria indiscussa dei geni informatici. Ma geni si nasce, non si diventa; e così la sua personalità forte e propositiva è forse più dono della natura che qualità associabile alla provenienza geografica.
Fondatore e poi rifondatore della Apple, la società che negli ultimi anni è riuscita a balzare al primo posto nelle quotazioni in borsa, superando nomi del calibro di Microsoft, Google, e addirittura la petrolifera Exxon Mobile, Steve Jobs non deve essere ricordato solo come l’inventore dell’iPhone, ma come un vero e proprio creatore di idee rivoluzionarie.
La sua avventura inizia nel 1976 quando, insieme a Steve Wozniak e Ronald Wayne, fonda la società della mela. Costretto a sfidare colossi come Microsoft e IBM, la Apple non riesce a imporsi nel mercato e rimane un’azienda di nicchia, ma Jobs da subito si dimostra pioniere dell’informatica, immaginando un mondo in cui tutti possano possedere un computer in casa. È la strada che apre al Personal Computer, resa possibile sia da IBM che da Apple stessa che nel 1984 inventa Macintosh, un sistema operativo che puntava tutto sulla semplicità d’uso e su un impatto grafico molto affascinante. Nel 1985 una crisi interna porta a molti licenziamenti, tra qui quello dello stesso Jobs che lascerà l’azienda da lui costruita per dedicarsi ad altri progetti. Fonda la Pixar, prima grande potenza dell’animazione digitale (poi acquistata dal colosso Disney), scrivendo una nuova pagina nell’intrattenimento filmico, e riuscendo a trasformare l’animazione in un gioco anche per grandi. Nel 1996 a seguito di un’acquisizione rientra in Apple, in un’azienda ormai sull’orlo del fallimento, priva di qualsiasi intuizione per tirarsi fuori dalla crisi. Ed è qui che Jobs diventa grande, superando se stesso: in pochi anni inventa con il suo staff i device più in voga del presente, modificando completamente l’industria informatica, musicale e telefonica. Il suo iMac ruba spazio all’onnipresente PC, diventando il computer prediletto dai giovani, in virtù della sua fruibilità. iPod e iTunes spazzano via walkman e lettori cd, in una rivoluzione che colpisce non solo i supporti musicali, ma la stessa industria di settore, modificando il modo in cui si distribuisce la musica. E infine iPhone apre la strada agli smartphone, trasformando i telefoni cellulari da apparati per la comunicazione a veri e propri computer portatili, virtualmente in grado di fare tutto.
La sua ultima sfida era incominciata un paio di anni fa con iPad, con l’idea che anche la lettura potesse essere portata su uno schermo digitale. Lascia il compito di proseguire questa sua tenace scalata al collega Tim Cook, abile stratega e uomo di marketing, ma forse privo di quell’eleganza e di quel guizzo vitale che contraddistingueva Jobs.
Che si appoggiasse il suo modo di lavorare o meno, è innegabile che la sua figura si ponga come una delle più importanti del secolo scorso, se non addirittura del giovane secolo presente, in virtù della sua incredibile capacità di trasformare oggetti in desideri, e di rendere la sua filosofia una vera e propria religione per schiere di appassionati. Oggi tutto il mondo gli rende omaggio, partendo dai suoi colleghi ed arrivando alla gente comune che adora incessantemente i suoi prodotti (e con loro l’uomo che li aveva ideati), senza tralasciare quella larga fetta di persone e aziende che erano stati i rivali di una vita (Bill Gates in primis), ma che come tutti non possono che inchinarsi al suo potere e al suo ricordo.
Per tutto questo, per essere stato pioniere e fautore di questa rivoluzione digitale, e per averci regalato un nuovo modo di interagire, gli saremo tutti riconoscenti. Oggi se ne va un mito e probabilmente un giorno qualcuno racconterà la sua storia. Nel frattempo noi tutti ci godremo la sua inventiva, giocando non solo con gli oggetti da lui creati e venduti, ma con tutti i prodotti di quelle aziende che – in maniera più o meno meritevole – avevano abbracciato il suo sogno.

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